Viaggio a Capo Nord - Il Circolo Polare Artico
Riflessi sul Mare del Nord
(5^ parte)
Il nostro quarto giorno, l'11 agosto, fu veramente spettacolare. Il maltempo ci risparmiò un po', ed avemmo la possibilità di ammirare e goderci un panorama stupendo. Più ci avventuravamo verso nord, lungo la E6, sempre meno avvertivamo la presenza dell'uomo e della civiltà. La natura prese il sopravvento. Paesaggi fantastici ci privarono della parola. L'impressione più paradossale che ci colpì fu che il paesaggio, il clima, la vegetazione, sembravano d'alta montagna, mentre incredibilmente eravamo al livello del mare, anzi, dietro ogni curva il mare, freddo e silenzioso, era sempre lì, a portata di mano.
La strada cominciò ad essere tortuosa ma pianeggiante, a volte credemmo di essere sulla costiera amalfitana d'inverno. I fiordi sono uno spettacolo della natura. Ce n'erano alcuni che si insinuavano per decine e decine di chilometri all'interno della penisola, e per fare pochi metri in linea d'aria eravamo costretti a percorrere anche cento chilometri. Più di una volta (ne contammo una decina in tre giorni) fu più conveniente prendere il traghetto, veloce ed economico, piuttosto che fare tutto il giro.
Quarto giorno: da Trondheim (Norvegia) a Narvik (Norvegia)
Tra Trondheim e Narvik ci fermammo per sgranchirci e rilassarci un paio di volte, ma spesso stoppammo all'improvviso l'auto per immortalare qualche scorcio particolarmente interessante. Facemmo sosta a Namsskogan, dove scattammo una delle classiche foto da perfetti turisti fai-da-te, sotto al cartello che indica le distanze da alcune città europee. Roma era a 3101 km, ma ci sorprese la distanza da Nordkapp, 1372 km, ancora troppo lontana, soprattutto considerando la nostra velocità di crociera. C'erano molti anziani, qualche motociclista, parecchi camperisti. A proposito di camperisti, ne incontrammo un paio italiani. Erano del nord (Brescia o Bergamo, non ricordo) e stavano tornando a casa. Stranamente ci dissero di essere "soltanto" arrivati al Circolo Polare Artico e di essere poi tornati indietro. Strano... ci chiedemmo, uno fa tutta 'sta strada per arrivare fin qui... e poi si gira a poco più di mille chilometri dalla meta. In realtà Capo Nord (Nordkapp) era la "nostra" meta, non la loro, ma non riuscimmo a comprenderli ugualmente.
La tappa successiva fu proprio il Circolo Polare Artico (Polarsirkelen). Non credevamo ai nostri occhi. Avevamo di fatto raggiunto uno dei nostri obiettivi parziali. E' un po' come quando giochi con quei videogames in cui, se passi di livello, anche se perdi una vita, puoi ripartire dal nuovo livello e non ti tocca ricominciare tutto dall'inizio. Avevamo superato il nostro primo livello e la gioia era insostenibile. Anche qui facemmo la foto di rito. Faceva freddo, cominciammo a vedere sprazzi di neve negli angoli più all'ombra.
Al centro turistico allestito sulla linea immaginaria del Circolo Polare Artico, pagando, è possibile farsi rilasciare una pergamena, con tanto di timbro e ceralacca, che attesta il raggiungimento dell'obiettivo: aver raggiunto il parallelo 66° 33' 38" Nord. Naturalmente noi non ce lo lasciammo scappare. Forse non tutti sanno cosa significa. Praticamente da questa latitudine in su, per almeno un giorno all'anno, in estate, il sole non sorge né tramonta; è possibile, pertanto, vedere il sole a mezzanotte. Tutta la parte del globo al di sopra del circolo polare si chiama calotta polare e ogni paese attraversato da questa linea ha allestito un centro d'attrazioni turistiche sul tema. Ne avremmo incontrato un'altro, al ritorno, in Finlandia.
Una breve tappa a Namsskogan (Norvegia)
Visto che vediamo spesso in queste foto le nostre facce, forse è il caso di descrivere un po' più a fondo il nostro equipaggio. Devo dire che raramente, nei miei numerosi viaggi, ho condiviso momenti così sereni e divertenti, come quelli trascorsi con Giuseppe, Gianluca e Massimo. La riuscita di un viaggio, spesso, dipende più dai nostri compagni d'avventura, che dall'evoluzione del viaggio in se. Con lo spirito giusto, con l'atmosfera giusta, ogni esperienza diventa indimenticabile. Non importa se costa sacrificio, stanchezza, soldi, ciò che conta veramente è stare bene con se stessi e con chi ci sta attorno. Allora tutto è guadagnato.
Il nostro gruppo era piuttosto eterogeneo ma compatto. Nessuno cercò mai di prevaricare gli altri, di imporre i propri vizi, le proprie abitudini. Ci fidavamo l'uno degli altri, sapevamo che pur rinunciando alle nostre comodità avremmo raggiunto insieme il nostro obiettivo. Io ero il più maturo, come sempre, quello che conosceva le lingue, che aveva già viaggiato, che aveva sufficienti mezzi, soldi e carte di credito, per levare tutti dai guai, se ce ne fosse stato bisogno. Ma ero anche il più timido e riservato. Ero comunque quello che aveva le idee più chiare sull'itinerario e sugli obiettivi di ogni giorno.
Giuseppe, mio cugino, era quello più preciso, che ricevuto l'itinerario lo faceva rispettare alla lettera. A quel tempo era fidanzato e aveva l'"obbligo" di chiamare spesso la ragazza, per questo motivo lo sfottevamo sempre e lo chiamavamo "telephoneman". La sua principale occupazione era trovare schede e cabine telefoniche. Era anche quello sempre affamato, pur essendo il più magro del gruppo, evidentemente il suo metabolismo bruciava in fretta qualsiasi cosa mangiasse e le sue crisi di fame furono frequenti. Grazie a lui, comunque, qualche volta ci sedemmo a ristorante ed avemmo la possibilità di gustare qualche sapore locale, un altro modo per fare la conoscenza di una civiltà così distante dalla nostra. Noi due eravamo senz'altro i più seri e coscienzosi.
Gli altri due, amici da sempre di Giuseppe, invece erano i due più pazzerelli del gruppo. Soprattutto Gianluca, malgrado la sua piccola statura, era una vera forza della natura. E' quella persona che ritrovi un po' in tutte le comitive, quello sempre allegro, con la battuta pronta, che riesce a tirarti su nei momenti di sconforto. Nel gruppo era anche quello che risolveva i piccoli problemi all'italiana, con estro, ingegno e un po' di astuzia. Ad esempio, a volte, riusciva a procurarci una tazza di tè caldo a testa, senza dover pagare il conto, soltanto servendosi di quanto veniva offerto gratis sui banconi dei bar.
E infine c'era Massimo, anche lui molto sveglio, intelligente e simpatico, forse un po' pigro. Era il bello della compagnia, quello che mettevamo avanti quando c'era da avvicinare una ragazza... poi, naturalmente, intervenivo io per fare la traduzione... In realtà, con le ragazze, non si arrivava mai a niente, ci accontentavamo di fare quattro chiacchiere, al massimo strappavamo i loro nomi. Comunque in quella terra avevamo un discreto successo. Eravamo seri ma simpatici, proprio come loro si aspettavano che fossimo. In fondo quattro mori ragazzotti italiani in Scandinavia facevano lo stesso effetto che avrebbero fatto quattro biondissime svedesi sulle spiagge nostrane.
Un primo traguardo: il Circolo Polare Artico (Polarsirkelen)
In serata arrivammo, come al solito, veramente stanchi a Narvik. Trovammo un campeggio molto bene organizzato. Piuttosto che montare la tenda (una minuscola canadese) optammo per il bungalow, uno chalet di legno, non molto spazioso, ma caldo e accogliente. Ci fu soltanto il tempo per fare una caldissima doccia rilassante e crollammo esausti ciascuno nel suo letto, finalmente. Non potete immaginare quanto si possa apprezzare un materasso e una rete dopo quasi quarantotto ore di auto.
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